Ad Angelo Mai, strofe 5 e 11

Eran calde le tue ceneri sante, 61

non domito nemico

della fortuna, al cui sdegno e dolore

fu più l’averno che la terra amico.

L’averno: e qual non è parte migliore

di questa nostra? E le tue dolci corde

susurravano ancora

dal tocco di tua destra, o sfortunato

amante. Ahi dal dolor comincia e nasce

l’italo canto. E pur men grava e morde

il mal che n’addolora

del tedio che n’affoga. Oh te beato,

a cui fu vita il pianto! A noi le fasce

cinse il fastidio; a noi presso la culla

immoto siede, e su la tomba, il nulla.

Da te fino a quest’ora uom non è sorto, 151

o sventurato ingegno,

pari all’italo nome, altro ch’un solo,

solo di sua codarda etate indegno,

allobrogo feroce, a cui dal polo

maschia virtú, non giá da questa mia

stanca ed arida terra,

venne nel petto; onde, privato, inerme,

(memorando ardimento!) in su la scena

mosse guerra a’ tiranni: almen si dia

questa misera guerra

e questo vano campo all’ire inferme

del mondo. Ei primo e sol dentro all’arena

scese, e nullo il seguí, ché l’ozio e il brutto

silenzio or preme ai nostri innanzi a tutto.